
"GiOC, AZIONE!" L'intervento della Presidente Francesca Guerzoni
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Carissimi amici, benvenuti al XVIII Congresso Nazionale della Gi.O.C., dal titolo “GiOC, AZIONE! Giovani attivi, formati, protagonisti”. Il Congresso è un momento celebrativo della nostra esperienza e un’occasione di rinnovamento, in cui riscoprire e ridefinire la nostra identità e missione. È un’occasione importante di conoscenza, scambio ed elaborazione comune sulle priorità dell’associazione per il prossimo triennio, ma anche un luogo significativo per riflettere con altri soggetti sulla missione della GiOC nella società e nella Chiesa di oggi. In questi giorni avremo modo di condividere le esperienze che ciascuno vive nella propria realtà e nei propri ambienti di vita, di confrontarci sulle sfide del nostro tempo e di progettare il futuro della GiOC.
Parlando della GiOC, non possiamo fare a meno di parlare di giovani. In Italia oggi la popolazione giovanile rappresenta circa il 20% del totale. Le generazioni di ragazzi che oggi hanno tra i 15 e i 34 anni sono numericamente inferiori a quelle che le hanno precedute, sia in valore assoluto sia in rapporto alla popolazione anziana. Questa situazione si associa a un’importante posticipazione dei principali eventi associati alla transizione allo stato adulto: l’entrata nel mercato del lavoro, l’uscita dalla famiglia di origine, il raggiungimento dell’autonomia economica e abitativa, la formazione di una propria famiglia. I dati Istat ci raccontano una realtà giovanile con numeri in diminuzione, ma che dovrà affrontare nel futuro importanti trasformazioni. Già oggi ci sono chiare alcune sfide, che probabilmente incideranno sulla costruzione del progetto di vita delle giovani generazioni. L’Italia rimane una delle economie avanzate con maggiori difficoltà ad incoraggiare un ruolo attivo e positivo delle nuove generazioni. Nel mondo del lavoro risulta più comune la condizione di sottoccupazione, sotto inquadramento e bassa remunerazione, rispetto ai coetanei europei. Più alto è inoltre il rischio di trovarsi intrappolati nella condizione di Neet. Troppi giovani italiani crescono senza vedere sostanziali progressi nella costruzione del proprio progetto di vita. Con la conseguenza di rivedere progressivamente al ribasso i propri obiettivi, ma di rassegnarsi anche a non raggiungerli. Il record italiano in Europa di under 35 inattivi da un lato riduce le possibilità di crescita economica del paese, ma va anche ad aumentare le diseguaglianze generazionali, sociali, geografiche e di genere.
I giovani lavoratori devono fare i conti con situazioni di precarietà ed incertezza; sperimentano forme di lavoro innovative, definite atipiche, che spesso risultano poco tutelate e normate e incidono fortemente sul loro stile di vita e sul tempo da dedicare alla famiglia e alle relazioni. Il tasso di dispersione scolastica è più alto rispetto agli altri Paesi europei. Il nostro sistema formativo presenta ancora molte fragilità, risulta spesso lontano dal mondo del lavoro e lavora ancora troppo poco sullo sviluppo delle competenze spendibili nelle future esperienze lavorative. In questa situazione che può sembrare a tratti sconfortante, i giovani mostrano in ogni caso forza e creatività nell’affrontare le sfide del nostro tempo e in loro rimane forte il desiderio di migliorare non solo le proprie condizioni oggettive e individuali, ma di sentirsi parte attiva di una comunità che rafforza senso di appartenenza, benessere sociale e relazionale.
Anche noi, giovani e militanti, siamo chiamati ad affrontare alcune sfide per dare continuità al percorso della GiOC, ma soprattutto far sì che la nostra esperienza possa essere messa al servizio di questi giovani e delle loro vite. “Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la realtà, non sfuggire ad essa, non cessare di osservarla” dice Cardijn, “Bisogna puntare gli occhi al cielo, ma rimanere con i piedi a terra”. In questi anni abbiamo cercato di guardare anche alla realtà del nostro movimento e alla vita dei militanti. Stiamo ancora riflettendo su come riorganizzare la GiOC per far sì che sia viva, che abbia energie per uscire, perché non si chiuda in sé stessa e rimanga un po’ schiacciata dalla sua struttura organizzativa, ancora molto legata al passato. Nel passaggio delle responsabilità nazionali, si è deciso di trasformare la figura del permanente con un impegno a metà tempo, in modo che quest’ultimi non tralasciassero il loro progetto di vita, ma che arricchissero il proprio percorso contaminando reciprocamente il lavoro, lo studio con il servizio per i giovani. Pensiamo che oggi il movimento abbia bisogno più che mai della dedizione di ogni militante per la riuscita del suo progetto. La GiOC ci appartiene e ne siamo responsabili: siamo chiamati a mettere in gioco le nostre capacità, le nostre idee, le nostre convinzioni. In una società così piena di individualismo siamo tentati di vivere la militanza e il gruppo soltanto per noi, “un prolungamento del nostro io” (Papa Francesco, Christus vivit, 168).
Papa Francesco ci invita, invece, “a portare Cristo in ogni ambiente, fino alle periferie esistenziali, anche a chi sembra più lontano, più indifferente. Il Signore cerca tutti. [...] E ci invita ad andare senza paura con l’annuncio missionario dovunque ci troviamo e con chiunque siamo” (Christus vivit, 177).
Facciamo parte della cosiddetta “Chiesa in uscita”: non è un compito semplice, poiché il Signore ci chiede di metterci sempre in cammino, di non riproporre schemi preconfezionati, ma di adattare il nostro agire a chi abbiamo di fronte, mantenendo però immutato l’entusiasmo e il messaggio di fondo. Il messaggio del Vangelo e le intuizioni di Cardijn sono ancora oggi profondamente attuali. Dobbiamo mettere in condivisione gli strumenti che il Signore ci ha donato, per essere segni di speranza, ascoltare la vita dei giovani e farci interrogare in modo profondo, progettare alla luce del Vangelo e agire insieme per costruire nel nostro piccolo una società più giusta, inclusiva e solidale, che metta al centro la persona. La GiOC è sicuramente un’esperienza piccola, poco diffusa sul territorio nazionale. Tuttavia, la sua missione è grande e significativa. Un elemento da sottolineare è che non siamo soli nel realizzare la nostra missione di evangelizzazione. In questi anni abbiamo sperimentato la ricchezza del lavoro di rete, che ci ha permesso di essere comunità nella società e nella Chiesa, di unire le forze, di condividere le risorse e di colmare i nostri limiti.