Intervista a Matteo Truffelli, Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana

Professione:

Sono Professore associato di Storia delle Dottrine politiche, insegno nell’Università di Parma, la mia città.

 

Da quanto tempo è presidente di AC?

Dal maggio del 2014.

 

Come e in quale occasione si è avvicinato per la prima volta all’Azione Cattolica?

In un certo senso dalla nascita, e anche prima, perché i miei genitori e anche i miei nonni materni erano molto legati all’associazione. In realtà però l’ho conosciuta abbastanza tardi, alla fine della seconda media, quando i miei mi iscrissero a un campo estivo, a cui non volevo in alcun modo andare. Dopo di allora non ho più lasciato l’AC. La vera scoperta, però, la considero quella fatta nell’estate del 1988, a 18 anni, quando mi chiesero di fare l’educatore a un campo scuola dell’Acr. Lì ho capito che l’AC rappresentava per me il mio modo di vivere la fede dentro un cammino condiviso, nella vita, nel mondo, nella Chiesa.

 

Quali sono i punti in comune tra l’Azione Cattolica Italiana e la GiOC? E verso quale direzione comune possiamo andare?

In questi anni di conoscenza, confronto e amicizia con le persone della GiOC che ho avuto modo di incontrare, in particolare durante i lavori del Consiglio nazionale e dell’Assemblea di AC, mi ha sempre colpito molto il fatto di avere una sensibilità ecclesiale, sociale e culturale molto affine. Alle nostre spalle ci sono esperienze, figure di riferimento, letture differenti, ma evidentemente ce ne sono anche molte comuni. Come dicevo, io nella vita faccio lo storico del pensiero, e so bene che le radici comuni non si perdono facilmente, sia consapevolmente che inconsapevolmente, anche quando i percorsi sono stati diversi. Se il punto di partenza da cui veniamo, in fondo, è lo stesso, penso che ancora di più dovremmo avere davanti a noi l’approdo a un cammino unico, condiviso: è il cammino di una Chiesa sinodale, popolare, missionaria, che sa stare in compagnia delle persone, dentro la vita, e lì essere esperienza di Vangelo. Proprio per questo penso che dovremmo avere il coraggio di fare un salto in avanti insieme anche nel percorso di congiungimento tra le nostre due realtà, che abbiamo intrapreso ormai da diverso tempo e che può giungere a definitiva maturazione.

 

In questi anni di collaborazione e conoscenza, che cosa ha potuto apprezzare del nostro movimento?

Diverse cose, a dire il vero, anche se alcune le ho potute solo intuire, non avendo seguito direttamente i lavori dei vostri Consigli, e non essendo ancora riuscito a partecipare a un vostro appuntamento nazionale (cosa che mi farebbe molto piacere). Se devo citarne qualcuna, ne indicherei tre: il senso di fraternità che si percepisce esserci tra chi partecipa alla vita dell’associazione, la rilevanza che ha la componente femminile, e poi, soprattutto, la costante attenzione a un universo, quello dei giovani lavoratori, che per tanti motivi l’Azione Cattolica fa più fatica a intercettare.

 

Disoccupazione giovanile e precariato: quale futuro attende le nuove generazioni? Da dove si può ripartire? Quale il ruolo di AC e GiOC su questa tematica?

È una domanda impegnativa. Non sono in grado di dire quale futuro abbiamo davanti, ma non credo che torneremo indietro, verso una nuova forma di stabilità: non solo lavorativa, ma anche familiare, abitativa, esistenziale. Per questo credo che le nostre associazioni abbiano grandi responsabilità davanti. La prima è quella di chiedersi come formare, accompagnare e sostenere persone capaci di non lasciarsi disorientare né schiacciare da queste condizioni di frammentazione, di precarietà, di incertezza. Persone capaci di vivere e testimoniare anche dentro questi contesi la gioia del Vangelo. Questo però non significa affatto disinteressarci di quelle condizioni, o di quello che significa dover fare i  conti con esse per la concreta esistenza di ciascuno. Al contrario, abbiamo davanti a noi il compito grande di contribuire a costruire la trama di una società più solidale, più giusta, più umana. Tanto sul piano economico e sociale che su quello politico.

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